VIMALA THAKAR

Pulire la coscienza e abbandonare la memoria

(dal commento agli Yoga Sutra di Patanjali)

di Vimala Thakar

….

Dobbiamo ricordare che gli Yoga sùtra descrivono citta prasadanam [i.33], vale a dire un senso di gioia sperimentato dalla coscienza, e lo distinguono da adhyatma prasadah [i.47], che è lo stato di gioia esistenziale….

La mente si dispone favorevolmente e si rasserena coltivando l’amicizia, la compassione, l’apprezzamento e l’indifferenza nei confronti del piacere come del dolore.

Ecco come inizia il contesto; allorché l’atteggiamento di maitri (amicizia), karuna  (compassione), mudita (allegria) e upeksa (indifferenza), viene coltivato per mezzo di  un ragionamento logico e di uno sforzo di volontà, tale atteggiamento genera un sentimento di gioia nella coscienza. Questa sensazione è basata sull’esperienza dell’atteggiamento di maitri, karuna, mudita, ecc.

Con il procedere dei sutra troviamo vasikara vairagya  [I.15], la capacità di rinunciare all’atteggiamento di inimicizia, non compassione, non indifferenza e così via.

La rinuncia agli opposti ha luogo nella vita di un sadhaka (ricercatore spirituale) che sia cresciuto nello spirito di citta prasadanam. Questo è il contesto. Più avanti incontriamo il sutra .. [i .41]: mediante il culto di maitri, karuna, mudita e upeksa, e per mezzo di vairagya (o la rinuncia a coltivare i loro opposti) nello stato della coscienza si produce una stabilità in cui il moto complessivo di vrtti diventa ksina, vale a dire viene affievolito; il moto imperativo di tutte le vrtti centrate sull’ego o sui ricordi viene indebolito perché vairagya (la rinuncia) e abhyasa (la pratica costante) riguardanti maitri, karuna e mudita (amicizia, compassione, serenità e gioia), si basano sul ragionamento e sulla logica.

Perché si dovrebbe avere l’atteggiamento di amicizia o di compassione o di gioia? E’ necessario analizzare il perché e trarne un ragionamento logico. …

Dal momento che si coltiva e si vive in quell’atteggiamento, la memoria del centro dell’ego viene indebolita e ora è presente la memoria basata sul ragionamento, ksina vrtter; pertanto la coscienza si è purificata, è stata lavata.

La memoria è presente, ma è una conseguenza della conoscenza nata dal ragionamento logico.

Ora la coscienza è relativamente pulita poiché il centro dell’ego formato da emozioni, preferenze, pregiudizi, insistenze, pressioni ossessive, è stato indebolito e la coscienza si è purificata, a causa di ksina vrtter abhijatasyeva.

Abhijatasyeva è un termine magnifico per indicare una pulizia spontanea in cui lo sporco è stato eliminato: la coscienza è pulita e purificata, totalmente imbevuta e impregnata di vairagya, cioè della rinuncia al ricordo del centro dell’io.

Pertanto la coscienza, la mente individuata, diventa trasparente come un cristallo che, accostato a un qualsiasi oggetto, riflette il colore e gli attributi di quell’oggetto. Dunque, nella coscienza purificata vi è una sensibilità riflessa. ….

Ora che la coscienza è trasparente come un cristallo, ha acquistato una sensibilità riflessa, vale a dire la capacità di riflettere la realtà oggettiva così com’è, mentre precedentemente non poteva rifletterla perché era ricoperta, avviluppata da vari tipi di vrtti (i ricordi e relativi impulsi, spinte, istinti).

Maner significa cristallo; grahitr, grahana e grahyesu indicano le tre possibilità di rifrazione del cristallo.

La coscienza riflette la realtà  così com’è e questa capacità è chiamata samapatti, vale a dire la facoltà di imbattersi nel mondo oggettivo nella sua realtà esistenziale e non la realtà come proiezione della mente che crea immagini secondo i suoi desideri.

….

Oh, vorrei tanto condividere con voi la bellezza poetica dei sutra!

Smrti parisuddhau: quando la memoria viene completamente mondata, anche dalla conoscenza, e le parole e le inferenze scompaiono, allora cosa rimane nella coscienza? Soltanto la consapevolezza del significato e non le inferenze: la consapevolezza del significato rimane e non il tarka o i residui delle inferenze, non le parole. Le parole sono grossolane, materiali, una sorta di energia tratta dal suono, e le deduzioni vengono forgiate dal ragionamento logico, dalla razionalità.

Artha matra nirbhasa: la memoria è purificata dal fardello delle parole e dalla sporcizia della conoscenza inferenziale

Allora in quella coscienza rimane soltanto la consapevolezza del significato e pertanto questo viene chiamato nirvitarka samapatti: la possibilità di un’alternativa o scelta (vitarka) si è dissolta.

Sono le parole o le inferenze che inducono la tentazione di cercare alternative.

Le alternative basate sulla conoscenza possono essere altrettanto devastanti di quelle basate sulle proprie emozioni e sulle proprie preferenze.

E molto difficile per gli esseri umani moderni di tutto il mondo — nessuna differenza tra India, Europa, USA, eccetera — vedere fino a che punto la conoscenza possa essere limitante; come la conoscenza possa insinuarsi nella purezza esistenziale del drastr (del puro testimone), o del drastrva, l’energia di ‘colui che vede’.

Ci si sforza di contaminare la purezza e la verginità di questa energia con l’imposizione delle parole, della conoscenza verbale e relative inferenze, obbligando a comportarsi di conseguenza.

Questi sono i dettami del sapere: conclusioni, idee, ideologie.

Quando la memoria è purificata e vi è soltanto la consapevolezza del significato, allora è nirvitarka samapatti o samadhi, la possibilità di esplorare le alternative che derivano dalla conoscenza si è dissolta, ed è in questo stato che emerge la possibilità di vicara, vale a dire, l’intelligenza investigativa.

…..

Da dove proviene la sofferenza? Come interviene la sofferenza? Se l’istinto di sopravvivenza e conservazione è una qualità esistenziale e se le impressioni delle azioni permangono nella coscienza e vengono mantenute insieme dall’istinto naturale della razza, dove ha origine la sofferenza? In che modo la ruota del karma inizia il suo movimento? In che modo la ruota del dolore e della sofferenza inizia a girare? Attraverso i samskara che giacciono nella coscienza.

I samskara si attivano quando l’essere umano individuale, attraverso la sua mente individualizzata, si rivolge alla memoria per fare una scelta.

Quando la persona si trova ad affrontare le sfide del vivere quotidiano, si rivolge alle impressioni delle azioni passate, che siano buone o cattive, alla conoscenza e alle esperienze dell’intera razza umana, e alla razza e al paese particolari in cui ella è nata. Perciò l’istinto di sopravvivenza la obbliga a riferirsi al ricordo delle esperienze e conoscenze del passato e quasi la spinge a fare una scelta.

Ma, non appena un essere umano perpetra una scelta, questa diventa un moto egocentrico, poiché è scaturita da una mente individuale, e non dalla mente comune della razza.

La scelta nasce dal pensare, dal discernere, dal conoscere, si tratta di una scelta centrata sull’ego, vale a dire una motivazione.

Hetu [ii.24, iii.15, iv.11] è la parola usata dagli Yoga sutra.

Nell’azione esistenziale, istintiva, non vi è hetu, non vi è un motivo basato sull’ego.

La scelta nasce piuttosto dall’istinto di sopravvivenza, dal ricordo della conoscenza e dalle esperienze. E da questa scelta, da questa motivazione, si incanalano la percezione, le relazioni, le azioni. La motivazione traccia la direzione, e quando l’organismo psicofisico si muove verso la direzione prescelta, con uno scopo determinato, il suo agire comporta risultati piacevoli o dolorosi.

L’istinto di conservazione non germina diventando un vasanà (traccia del passato, impronta, impregnazione), i samskara non vengono convertiti in vasana fin quando non sono posseduti dall’ego che crea una motivazione e una direzione di movimento.

Il karma è l’azione nata dalla scelta centrata sull’ego, motivazione e direzione.

E da ogni interazione, da ogni azione, scaturisce il risultato, “Phalam. Hetu phalasrayalambanaih” [iv. 11], come dicono gli Yoga sutra.

Non vi è scelta che comporti il piacere completamente privo di dolore, o dolore interamente privo di piacere.

Per cui, quando da un’azione si ottiene piacere, si vuole ripeterla, e il dolore segue al piacere e il piacere segue al dolore e così si genera la sofferenza.

Ecco come funziona la mente di coloro che non sono yogi.

Dai samskara esistenziali sono germinati i vasana.

I samskàra sono i semi del passato, ma la mente individualizzata, la cittam, diventa il campo in cui i semi germinano e si convertono in vasana.

Supponiamo che una persona che debba affrontare una sfida non guardi al passato ma voglia percepire la sfida direttamente, avvertirne la realtà senza alcun tipo di riferimento alle passate esperienze e alla conoscenza, come andrà quell’impatto?

Lo yoga è il sentiero della negazione dei riferimenti al passato, del moto della conoscenza e delle esperienze, così che si possa rifiutare di fare una scelta basata sulla memoria. Poiché la conoscenza e le esperienze del passato, della razza e individuali, sono costituite dalle scelte compiute che includono dolore e piacere, allora non sorprenderà che le scelte basate sui ricordi del passato perpetuino il moto del dolore e della conseguente sofferenza.

Ecco perché l’allievo che segue la disciplina yoga (yoga anusasanam) osa fermarsi e dire: “Non farò una scelta”.

Quando si esercita la libertà di non scegliere e si smette di riferirsi al passato, il moto dei samskara trascorsi si arresta. Allora saranno presenti il puro istinto di sopravvivenza e conservazione, la sfida e l’intelligenza dell’energia contenuta nell’uomo, nell’animale umano. Non sarà fatto riferimento alla mente costruita dall’uomo e al suo movimento. La conoscenza e le esperienze come risultato del moto egocentrico, saranno sospese. Quindi nulla germinerà in un vasana, i samskara resteranno a livello esistenziale e daranno una spinta all’intelligenza, l’energia del ‘puro testimone’, e un altro tipo di risposta nascerà da quel citta vrtti nirodhah, dharana, dhyana e samadhi.

“Tatra dhyana jam anasayam” [iv.6], lo stato di coscienza che scaturisce dalla meditazione è libero dalle costruzioni mentali. Una nuova qualità di coscienza emerge dall’animale umano e dal suo organismo psicofisico nel momento in cui vi è il coraggio di svuotare la memoria del contenuto passato. Se non si accettasse l’autorità del passato, se non si facesse alcuna scelta legata al passato, la mente si spoglierebbe completamente, la coscienza si denuderebbe e vi sarebbe un magnifico vuoto, privo di direzioni. Così, nella vita di uno yogi che ha osato seguire un approccio negativo e ha avuto il coraggio di negare il passato, la ruota del karma che ci trascina verso la ruota della sofferenza si arresta.

…..

Se quanto esposto è stato relativamente chiaro, per quanto mi sia stato possibile, lasciate che questa mattina faccia riferimento ancora a un altro punto.

L’essere umano, l’intera struttura psicofisica dell’animale umano, è il campo in cui l’energia di ‘colui che vede’ e di ‘ciò che è veduto’ possono danzare la loro danza.

E’ una festa danzante per le energie della natura (prakasa, kriya e sthiti) e le energie della pura intelligenza; esse interagiscono costantemente.

La vera sfida è non permettere che l’istinto esistenziale di sopravvivenza e autoconservazione venga convertito in un moto egocentrico di acquisizione, appropriazione, attaccamento; non permettere a quell’istinto esistenziale di vittimizzarvi e di creare intorno a voi una prigione basata sulle preferenze e sui pregiudizi, ciò che piace e ciò che non piace in nome della sicurezza.

Conclusioni, ideologie, teorie imprigionano il vostro intelletto e le preferenze e i pregiudizi imprigionano le vostre emozioni. Vedete, è una vera sfida. Passare attraverso il piacere e il dolore a livello esistenziale senza cristallizzare rigidi atteggiamenti nel ricercare il piacere o evitare il dolore, è una grande sfida.

E così facile riferirsi alla memoria, alla passata conoscenza, alle esperienze, alle scelte che la razza di appartenenza, la comunità religiosa e gli antenati hanno fatto; e perpetrare le proprie scelte di conseguenza, con qualche piccolo ritocco qua e là, è talmente facile.

Sentite che la natura della vita è sofferenza, e non le si può metter fine, è così semplice. Tentate di difendere la sofferenza, di giustificarla, ma lo yoga è il sentiero dell’impavido che dice che non la sofferenza, bensì la libertà è la natura della vita.

Poco importa se restiamo soli nell’immensità della vita ad affrontare le sfide che essa ci lancia, bisogna osare di vivere quella solitudine e agire sulle basi della propria intelligenza e comprensione e non della passata conoscenza, ricordi o scelte personali. Ci vuole molto coraggio.

 

(da “Lo Yoga oltre la meditazione” Ubaldini Editore – Roma)